Alcuni ex-ricercatori del MIT hanno lanciato un servizio per comprare e vendere mp3 legalmente acquistati. Ma un file audio può essere paragonato a un disco usato? Lo deciderà un tribunale.
Chiunque abbia un giradischi e abbia una minima passione per i vinili, conosce bene la sensazione che si prova ad entrare in un negozio di dischi usati: l’odore delle vecchie custodie, i movimenti silenziosi con cui gli astanti sfogliano enormi tavolate di vinili in cerca di un live introvabile del ’74, il gusto di portare sottobraccio un 33 giri che si vuole vendere, lasciandosi coccolare dall’idea che qualcuno, tra qualche giorno, lo farà girare di nuovo...
A questa sensazione, se ne accompagna sempre più spesso un’altra: quella di trovarsi in un frammento di passato, un protuberanza vestigiale presto destinata a perdersi in una nuvola di file digitali.Ma c’è chi non vuole arrendersi a questa sensazione. Lo scorso ottobre, un ex-ricercatore del MIT e altri amici hanno fondato una startup, ReDigi, che punta a posizionarsi come portale di riferimento per chiunque voglia comprare o (ri)vendere file digitali “usati”.
Il meccanismo è semplice: ti iscrivi a ReDigi, scarichi un software per l’autenticazione dei file e nel giro di un paio di click sei nell’equivalente 2.0 di un negozio di dischi usati. Un file audio che su iTunes paghi quasi 1,5 dollari, su ReDigi puoi trovarlo a 59 centesimi; viceversa, se il tuo hard-disk trabocca di vecchi mp3 regolarmente acquistati, puoi sbarazzartene racimolando parte dei soldi che al tempo avevi speso per strapparli alle vette della classifica.Ci guadagni tu, ci guadagna ReDigi (che, naturalmente, si tiene una percentuale di ogni transazione), ma soprattutto, ci guadagnano gli artisti.
Il colpo di genio del team ReDigi è stato infatti quello di rifinire il progetto in modo che nessuno possa anche solo lontanamente tacciarli di pirateria. Così, una percentuale del denaro ricavato dalla vendita di file usati viene ripartita tra gli artisti che ne detengono la proprietà intellettuale.
La punta di diamante del software che sorregge ReDigi è il cosiddetto verification engine, un sistema per verificare che i file caricati siano stati effettivamente comprati e non invece scaricati illegalmente o rippati da un CD. Una volta verificata l’originalità del file, il sistema provvede a cancellare il file originale dal dispositivo da cui il trasferimento è avvenuto, e a crearne una copia sui propri server. Questa copia sarà dotata di una firma digitale che potrà servire a individuare eventuali copie pirata del file caricato.
Nonostante questo dispiegamento di precauzioni, ReDigi è finito istantaneamente nel mirino dell’industria discografica. La Capitol Records, ad esempio, ha chiesto che il servizio venisse immediatamente chiuso, in quanto colpevole di favorire la pirateria musicale online. A febbraio, un giudice ha respinto la richiesta. Nonostante ciò, ReDigi è atteso in tribunale per ottobre, dove dovrà contrastare il fuoco di fila della Capitol e della RIAA.
ReDigi si aggrappa a un principio espresso con molta chiarezza nella legislazione americana, che garantisce a chiunque sia in possesso di una copia originale di un’opera d’arte di poterla rivendere al miglior offerente. “È molto semplice” spiega Larry Rundolph di ReDigi “Se lo compri, lo possiedi e dovresti avere la facoltà di venderlo. Se lo rubi, non dovresti avere questa facoltà”. Un assunto cristallino, a cui la Capitol Records risponde con un’osservazione altrettanto condivisibile “A differenza di ReDigi, i negozi di dischi usati non creano copie per riempire i propri scaffali”.
E qui la discussione inciampa in un concetto che ancora aspetta di essere definito, quello di possesso nell’era digitale. Se un mp3 è da considerarsi come un CD originale allora una volta che lo compro dovrei poterlo prestare, spostare da una casa all’atra, rivendere. Lo stesso discorso può essere esteso agli ebook, ai videogiochi, e a qualunque altro equivalente digitale di opere d’ingegno.
Mentre la discussione si infiamma, ReDigi annuncia di avere in progetto di estendere il servizio di compravendita agli ebook, usati. Prepariamoci, l’autunno della guerra sul copyright si prospetta rovente.
Seguimi su Twitter: @FazDeotto
http://mytech.panorama.it/redigi-il-mercatino-dell-usato-digitale
Chiunque abbia un giradischi e abbia una minima passione per i vinili, conosce bene la sensazione che si prova ad entrare in un negozio di dischi usati: l’odore delle vecchie custodie, i movimenti silenziosi con cui gli astanti sfogliano enormi tavolate di vinili in cerca di un live introvabile del ’74, il gusto di portare sottobraccio un 33 giri che si vuole vendere, lasciandosi coccolare dall’idea che qualcuno, tra qualche giorno, lo farà girare di nuovo...
A questa sensazione, se ne accompagna sempre più spesso un’altra: quella di trovarsi in un frammento di passato, un protuberanza vestigiale presto destinata a perdersi in una nuvola di file digitali.Ma c’è chi non vuole arrendersi a questa sensazione. Lo scorso ottobre, un ex-ricercatore del MIT e altri amici hanno fondato una startup, ReDigi, che punta a posizionarsi come portale di riferimento per chiunque voglia comprare o (ri)vendere file digitali “usati”.
Il meccanismo è semplice: ti iscrivi a ReDigi, scarichi un software per l’autenticazione dei file e nel giro di un paio di click sei nell’equivalente 2.0 di un negozio di dischi usati. Un file audio che su iTunes paghi quasi 1,5 dollari, su ReDigi puoi trovarlo a 59 centesimi; viceversa, se il tuo hard-disk trabocca di vecchi mp3 regolarmente acquistati, puoi sbarazzartene racimolando parte dei soldi che al tempo avevi speso per strapparli alle vette della classifica.Ci guadagni tu, ci guadagna ReDigi (che, naturalmente, si tiene una percentuale di ogni transazione), ma soprattutto, ci guadagnano gli artisti.
Il colpo di genio del team ReDigi è stato infatti quello di rifinire il progetto in modo che nessuno possa anche solo lontanamente tacciarli di pirateria. Così, una percentuale del denaro ricavato dalla vendita di file usati viene ripartita tra gli artisti che ne detengono la proprietà intellettuale.
La punta di diamante del software che sorregge ReDigi è il cosiddetto verification engine, un sistema per verificare che i file caricati siano stati effettivamente comprati e non invece scaricati illegalmente o rippati da un CD. Una volta verificata l’originalità del file, il sistema provvede a cancellare il file originale dal dispositivo da cui il trasferimento è avvenuto, e a crearne una copia sui propri server. Questa copia sarà dotata di una firma digitale che potrà servire a individuare eventuali copie pirata del file caricato.
Nonostante questo dispiegamento di precauzioni, ReDigi è finito istantaneamente nel mirino dell’industria discografica. La Capitol Records, ad esempio, ha chiesto che il servizio venisse immediatamente chiuso, in quanto colpevole di favorire la pirateria musicale online. A febbraio, un giudice ha respinto la richiesta. Nonostante ciò, ReDigi è atteso in tribunale per ottobre, dove dovrà contrastare il fuoco di fila della Capitol e della RIAA.
ReDigi si aggrappa a un principio espresso con molta chiarezza nella legislazione americana, che garantisce a chiunque sia in possesso di una copia originale di un’opera d’arte di poterla rivendere al miglior offerente. “È molto semplice” spiega Larry Rundolph di ReDigi “Se lo compri, lo possiedi e dovresti avere la facoltà di venderlo. Se lo rubi, non dovresti avere questa facoltà”. Un assunto cristallino, a cui la Capitol Records risponde con un’osservazione altrettanto condivisibile “A differenza di ReDigi, i negozi di dischi usati non creano copie per riempire i propri scaffali”.
E qui la discussione inciampa in un concetto che ancora aspetta di essere definito, quello di possesso nell’era digitale. Se un mp3 è da considerarsi come un CD originale allora una volta che lo compro dovrei poterlo prestare, spostare da una casa all’atra, rivendere. Lo stesso discorso può essere esteso agli ebook, ai videogiochi, e a qualunque altro equivalente digitale di opere d’ingegno.
Mentre la discussione si infiamma, ReDigi annuncia di avere in progetto di estendere il servizio di compravendita agli ebook, usati. Prepariamoci, l’autunno della guerra sul copyright si prospetta rovente.
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